giovedì 27 settembre 2012
Aggiornamenti da Trento
Sono passate due settimane dalla mia partenza da Palermo. Sono a Trento, per chi non lo sapesse. Ho deciso di passare da Ingegneria per l'Ambiente ed il Territorio a Ingegneria dei Materiali. Come mai
questa scelta? Forse avevo solo bisogno di cambiare aria.
(chi non vuole leggere le menate, salti questa parte, basterà arrivare all'altra parte in rosso)
Per quanto riguarda il corso di laurea, avevo capito a 5 materie dalla fine che non era quello il percorso che volevo fare, ho preso come relatore il professore della materia che mi è piaciuta di più e ho finito il mio percorso triennale. Ma da tempo avevo deciso di cambiare, solo che non lo volevo fare prima. Potevo già partire nel Agosto/Settembre 2010. Mio padre voleva farmi finire la laurea da qualche altra parte, ma forse il mio subconscio abbia deciso di cercare e dirgli comunque una minchiata per non farmi salire. Ero all'apice della mia "non relazione" con Egle e stavo iniziando a chattare con Silvana in America. Sembrano passati secoli. Avevo un gruppo che la settimana prima aveva vinto un premio musicale, stracciando gli altri concorrenti. Che gran bel gruppo i Parsec. Ci siamo sciolti 9 mesi dopo, fra l'inizio della mia tesi, le voglie prog di Giacomino e i problemi col batterista. Poi ai tempi non ero pronto a mollare tutto. Forse Silvana mi ha fatto un "lavaggio del cervello" positivo. Mi ha fatto capire bisogna darsi una smossa per essere qualcuno.
Credo che il destino abbia deciso che la vita debba andare a tappe predefinite di 5 anni in 5 anni. Togliendoci i primi due anni, ho sempre cambiato scuola ogni 5-6 anni. 5 anni fra asilo e 2 anni di elementari dalle suore, 6 anni per gli altri tre anni delle elementari e medie, 5 anni per le superiori, 4 anni e mezzo per la triennale, più i 6 mesi di nullafacenza. Questa sera, ho tolto il "pizzetto da battaglia" così ho chiamato quella barba che ho fatto crescere sul mento per venire qui. Stasera l'ho tolto e metto a nudo sia il mento, sia i pensieri che girano intorno alla mia anima. In particolar modo vedo tutto da un punto di vista fisso, mentre vedo il resto del mondo che gira sulla terna solidale al mondo in cui potevo essere.
In questo momento il vecchio gruppo di amici dell'UDU Palermo, con cui ho avuto 3 anni e più di vittorie, risate, feste è in viaggio verso la manifestazione di Roma, dove ho deciso di non andare, (non mi andava, fine); la mia ex è a Parigi, lontana da me e in qualche modo da ogni pensiero; gli amici di sempre sono tutti in posti lontani, Elena è in Erasmus a Valenciennes, Paride è Parigi anche lui, Ignazio si dovrebbe laureare a Novembre e andrà a Torino, insieme a Fede che ha già trovato casa e inizierà le lezioni lunedì, Dario è a Valencia, tutti gli altri amici di sempre sono rimasti a palermo, Luana, Ilaria, Roberto, Roberta, Daniele, per non parlare del gruppo di Pietro, Marianna, Ciro, Valeria e tutti gli altri che mi mancano veramente tanto. Potevo rimanere lì. Tutto pronto, tutto fatto.
Credo che la morte di mio nonno, sia stata un inizio a tutto. La scintilla che ha fatto partire la miccia verso un tritolo caricato da mesi, forse anni. La malattia di mia madre, i litigi con mia nonna, la fine della relazione con Silvana, il mio essere nervoso per tutto. Problemi che si sono incredibilmente placati, con la mia partenza qui.
(fine delle menate)
Dove abito? Nel frattempo che cercavo casa a Trento, sono stato in una cooperativa sociale, Villa Sant'Ignazio, su una collina ad est della città. Una villa immensa, gestita da associazioni che si occupano del sociale e dai gesuiti. Devo ammettervi che la cosa mi preoccupava molto, pensavo fosse un convento, pieno di suore e preti. Invece è una villa immersa nel verde. Veramente un bel posto. Il palazzo è diviso in due, una parte è un vero e proprio albergo, non un cinque stelle, ma un
dignitossimo posto dove stare per 30 euro a notte, con colazione, pranzo e cena pagat; l'altra parte è l'accoglienza, dove due educatori "gestiscono" persone "bisognose" mandate dai servizi sociali. I primi tempi pensavo di stare lì molto come base per cercare casa. Poi ho visto che alla fine è a 10 minuti a piedi da ingegneria, che non devo dire le preghiere prima dei pasti, che non devo andare per forza a messa e che la cucina non era affatto male, non è quella palermitana, ma non è male. Mi hanno parlato che si poteva entrare nel lato accoglienza, facendo il volontario e dando una mano agli educatori e pagando un centinaio di euro al mese per le spese fra cibo, riscaldamento e acqua. Non male, considerato che per una doppia qui chiedono anche 300 euro.
Per uscire la sera basta chiedere le chiavi, visto che poi chiudono tutto alle 23, ma avendole è possibile raggiungere quelle poche persone che conosco di Trento. Che fra l'altro ho conosciuto al campeggio dell'UDU, anzi un ringraziamento a Greta e Lorenzo che mi hanno accolto da vero compagno. Certo a Trento c'è un movida paragonabile a quella di una martedì sera di pioggia d'inverno verso le 9 quando ci sono le partite della champions in chiaro, ma alla fine poco importa. Dalla Villa alla stazione ci sono 15 minuti a piedi, cronometrati. Di cui un paio in una superdiscesa lungo la via della saluga, via con una pendenza del 20% a occhio. Il problema non è scenderla ma risalirla. A scendere sono 15 minuti, è a salire che sono 25. Però almeno mi rimetto in forma. Qua si cammina un sacco.
Per quanto riguarda la vita qui, ho una singola, il bagno è fuori in comune con gli altri ragazzi dell'accoglienza, ma comunque vivibile.
Starò sicuramente qui fino al 24 ottobre, quando il mio periodo di prova come volontario sarà finito. Spero mi prendano per tutto l'anno fino a Giugno sinceramente. Faccio risparmiare i miei, non devo cucinare e devo fare i piatti due sere a settimana. Devo dire che mi va quasi di culo. I colleghi sono simpatici, non ho ancora confidenza, ma non sono malaccio. Anzi molto disponibili.
Ah sì. Per entrare devo dare 3 Crediti di Meccanica Razionale, un'integrazione, un po' inutile visto che la prima settimana di lezioni non ho capito una parola di metallurgia, visto che partono pensando che io sappia cosa che non ho mai studiato, ma questo è quello che devo dare e quindi a questo mi atterrò.
Le lezioni sono più interessanti di quanto potessi pensare. Il mondo dei materiali è immenso. Per ora sto seguendo le lezioni di Materiali Metallici, Polimerici e Ceramici. Tre corsi, di cui uno in inglese.
Però inizio a scoprire un mondo fatto di "figaggini". Poco fa ho fatto la barba e ho visto la composizione della schiuma da barba, tutta roba polimerica! che figata! Per non parlare di quanta roba si fa con i materiali ceramici! La fibra ottica è un materiale ceramico!! ma chi lo sapeva!!
La vita qui non è male. Anzi. La città è veramente carina! (per chi volesse vedere qualche foto della città, della stanza e della vista: https://www.dropbox.com/sh/ml23f4diduc10s6/MnR3B5G4lV?m ).
Non sarò con le persone che amo, ma devo dire che questo non è un male. Mi sta facendo capire chi ricambia e chi no. Chi mi è vicino anche se distante. Sì forse era più comodo rimanere a Palermo. Tutto fatto, eppure mettersi in gioco non si sta rivelando male. Devo fare tutto io, se sbaglio è colpa mia. E devo dire che non mi dispiace affatto.
Mi dispiace solo non avere le persone amate qui accanto a me. Ma niente può essere come si vuole.
Un saluto a tutti,
Manu
lunedì 27 agosto 2012
Anche se so..
Anche se so di aver perduto per sempre la donna che amo,devo sforzarmi di vivere tutte le grazie che Dio mi ha concesso oggi. Le grazie non possono essere risparmiate. Non esiste una banca dove io posso depositarle, per utilizzarle quando sarò di nuovo in pace con me stesso. Se non userò queste benedizioni, le perderò irrimediabilmente.
Dio sa che noi siamo gli artisti della vita. Un giorno, ci dà un mazzuolo per scolpire; un altro i pennelli e i colori per dipingere un quadro, oppure la carta e una penna per scrivere.
Ma non potrò mai impiegare il mazzuolo per le tele, o il pennello per le sculture. Dunque, sebbene sia difficile, devo accettare le piccole benedizioni dell’oggi, che mi sembrano maledizioni, perchè io sto soffrendo e la giornata è davvero splendida, con il sole che brilla e i bambini che cantano per la strada. Solo così riuscirò a uscire dal dolore e a ricostruire la mia vita.
Paulo Coelho
Dio sa che noi siamo gli artisti della vita. Un giorno, ci dà un mazzuolo per scolpire; un altro i pennelli e i colori per dipingere un quadro, oppure la carta e una penna per scrivere.
Ma non potrò mai impiegare il mazzuolo per le tele, o il pennello per le sculture. Dunque, sebbene sia difficile, devo accettare le piccole benedizioni dell’oggi, che mi sembrano maledizioni, perchè io sto soffrendo e la giornata è davvero splendida, con il sole che brilla e i bambini che cantano per la strada. Solo così riuscirò a uscire dal dolore e a ricostruire la mia vita.
Paulo Coelho
Lo Zahir
"L‘amore è una forza selvaggia.
Quando tentiamo di controllarlo, ci distrugge.Quando tentiamo di imprigionarlo, ci rende schiavi.
Quando tentiamo di capirlo, ci lascia smarriti e confusi."
Lo Zahir, Paulo Coelho
Che cos’è lo Zahir? Nella tradizione araba, dice Coelho, lo Zahir è un «pensiero che all’inizio ti sfiora appena e finisce per essere la sola cosa alla quale riesci a pensare». Come il suo stesso personaggio ammette: «il mio Zahir ha un nome e il suo nome è Esther». Almeno questo egli crede. Una domanda che accompagna il protagonista del romanzo, uno scrittore all’apice del successo, nel suo viaggio alla riscoperta di sé.
Per due anni, lo scrittore si affanna per ricostruirsi un’esistenza normale. Invano.Lo Zahir non gli lascia tregua. Fino a quando, l’incontro con un giovane mistico e un incidente d’auto, gli apriranno gli occhi. Non è l’amore per la moglie perduta a faro soffrire, ma solo la perdita delle certezze che lei ha portato con sé andandosene. La sicurezza di essere compreso, di essere protetto, la garanzia di non dover affrontare il mondo da solo. Esther aveva smesso di essere una donna per divenire un antidoto contro le difficoltà della vita. Solo dopo essersi liberato della dipendenza può partire alla ricerca di Esther, per riconquistare il suo amore.Quell’amore che non imprigiona le persone in una gabbia dorata, che non ha paura di correre dei rischi, di accettare nuove sfide. Il solo amore che può vincere lo Zahir. Poiché lo Zahir non è una donna, un amore, un pensiero ma «la fissazione su ciò che era stato trasmesso di generazione in generazione, che non lasciava nessuna domanda senza risposta, occupava tutto il nostro spazio, non ci permetteva mai di prendere in considerazione l’ipotesi che le cose cambiassero».
Silenzio e Lacrime
Quando noi ci lasciammo
In silenzio e in lacrime,
Spezzato a mezzo il cuore
Nel doverci dividere per anni,
La tua guancia divenne fredda e pallida
E più freddo il tuo bacio;
Quell’ora veramente fu presagio
Del dolore di questa.
La rugiada dell’alba
Scese gelida sopra la mia fronte:
Io sentii come il monito
Di ciò che sento ora.
Son spezzati i tuoi voti,
Hai fama di volubile:
Sento dire il tuo nome
E ne divido l’onta.
Chi innanzi a me ti nomina
Suona a morto al mio orecchio;
Un brivido mi scuote:
Perché eri tanto cara?
Essi non sanno che ti ho conosciuta,
Che ti ho conosciuta troppo bene:
A lungo a lungo avrò di te un rimpianto
Troppo profondo a dirsi.
C’incontrammo in segreto: in silenzio
Mi dolgo che il tuo cuore
Possa avermi scordato,
Tradito la tua anima.
Se dovessi incontrarti
Dopo lunghi anni,
Come salutarti?
Con silenzio e lacrime"
Lord Byron
martedì 8 maggio 2012
Della colpa e del perdono
Durante il suo pellegrinaggio alla Mecca, un sant’uomo cominciò a sentire la presenza di Dio al suo fianco. In trance, si inginocchiò, nascose il viso e pregò:
“Signore, voglio chiedere solo una cosa nella mia vita: che io abbia la grazia di non offenderTi mai.”
“Non posso concedere questa grazia” rispose l’Onnipotente.
Sorpreso, l’uomo volle sapere il motivo del rifiuto.
“Se tu non mi offenderai, io non avrò motivi per perdonarti” udì il Signore che diceva. “Se io non avrò bisogno di perdonarti, ben presto tu dimenticherai l’importanza della misericordia verso gli altri. Perciò, prosegui il tuo cammino con Amore, e lasciami praticare il perdono di tanto in tanto, affinché anche tu non dimentichi questa virtù.”
La storia illustra bene i nostri problemi con la colpa e il perdono. Da bambini, sentivamo sempre nostra madre che diceva: “Mio figlio ha fatto quella stupidaggine perché gli amici lo hanno influenzato. Lui è una persona molto buona”.
E in questo modo, non ci siamo mai assunti la responsabilità dei nostri gesti, non abbiamo chiesto perdono – e abbiamo finito per dimenticare che dobbiamo essere generosi anche quando l’altro ci offende. L’atto di chiedere perdono non ha niente a che vedere con il senso di colpa o la vigliaccheria: tutti noi commettiamo errori, e sono proprio questi passi falsi che ci permettono di migliorare e progredire. Se, invece, siamo troppo tolleranti con i nostri atteggiamenti – soprattutto quando essi finiscono per ferire qualcuno – alla fine siamo isolati, incapaci di correggere il nostro cammino.
Come allontanare la colpa, ma nello stesso tempo avere la capacità di chiedere perdono per un errore?
Non esistono formule. Ma esiste il buon senso: dobbiamo giudicare il risultato delle nostre azioni, e non le intenzioni che avevamo nel compierle. In fondo, tutti sono buoni, ma questo non interessa e non cura le ferite che possiamo causare. Una bella storia illustra ciò che voglio dire:
Quando era piccolo, Cosroes aveva un insegnante che era riuscito a fare in modo che si distinguesse in tutte le materie che studiava. Un pomeriggio, il maestro – apparentemente senza motivo – lo castigò con grande severità.
Anni dopo, Cosroes salì al trono. Uno dei suoi primi provvedimenti fu di mandare a chiamare il maestro della sua infanzia e chiedergli spiegazione dell’ingiustizia che aveva commesso.
“Perché mi castigaste senza che io lo meritassi?” domandò.
“Quando vidi la tua intelligenza, seppi subito che avresti ereditato il trono di tuo padre”, rispose l’antico insegnante. “E decisi di mostrarti come l’ingiustizia sia capace di segnare un uomo per il resto della vita.
“Poiché ora sai ciò che questo significa”, continuò il maestro, “spero che tu non castighi mai qualcuno senza motivo”.
Questo mi fa pensare a una conversazione che ho avuto durante una cena a Kyoto. Il professore coreano Tae-Chang Kim commentava le differenze fra il pensiero occidentale e quello orientale.
“Entrambe le civiltà hanno una regola d’oro. In Occidente voi dite: farò per il mio prossimo quello che vorrei fare per me. Questo significa che colui che ama, stabilisce un modello di felicità, che tenta di imporre a tutti coloro che si avvicinano.
“La regola d’oro dell’Oriente sembra quasi uguale: non farò al mio prossimo quello che non desidero che esso faccia a me. Ma quest’ultima parte dalla comprensione di tutto ciò che ci rende infelici, anche il fatto di dover obbedire al modello di felicità imposto dagli altri – e la differenza sta tutta qua.
“ Per migliorare il mondo, noi non imponiamo una maniera per dimostrare il nostro amore, ma, piuttosto, per evitare la sofferenza altrui”.
Quindi, rispetto e cautela nel confrontarci con il nostro fratello. Ha detto Gesú: “E’ dai frutti che si conosce l’albero”. Dice un vecchio proverbio arabo: “ Dio giudica l’albero dai suoi frutti, e non dalle sue radici”. E dice un vecchio proverbio popolare: “Chi picchia dimentica, chi le busca non dimentica mai”.
venerdì 13 aprile 2012
Io non posso - Pedro Salinas
Io non posso
Io non posso darti di più
Non sono più di quello che sono. Ah come vorrei essere
sabbia, sole in estate!Che ti sdraiassi
rilassata a rilassarti.Che mi lasciassi
il tuo corpo quando te ne vai, orma,tenera, tiepida, indimenticabile.E che con te se ne andasse
su di te, il mio bacio lento:colore,
dalla testa ai piedibruno.
Ah come vorrei essere
vetro, o stoffa o legno
che conserva il suo colore
qui, il suo profumo qui,e nacque a tremila chilometri!
Essere
la materia che ti piace, che tocchi tutti i giorni
e che vedi già senza guardare
vicino a te, le cose
-collana, boccetta, seta antica – di cui, q
uando senti la mancanza chiedi:
"Ah! dov’è?" A come vorrei essere
un’allegria fra tutte, una sola, l’allegria
di cui ti rallegri tu! Un amore, un amore solo:
l’amore di cui tu ti innamoreresti.
Non sono più di quello che sono. Ah come vorrei essere
sabbia, sole in estate!Che ti sdraiassi
rilassata a rilassarti.Che mi lasciassi
il tuo corpo quando te ne vai, orma,tenera, tiepida, indimenticabile.E che con te se ne andasse
su di te, il mio bacio lento:colore,
dalla testa ai piedibruno.
Ah come vorrei essere
vetro, o stoffa o legno
che conserva il suo colore
qui, il suo profumo qui,e nacque a tremila chilometri!
Essere
la materia che ti piace, che tocchi tutti i giorni
e che vedi già senza guardare
vicino a te, le cose
-collana, boccetta, seta antica – di cui, q
uando senti la mancanza chiedi:
"Ah! dov’è?" A come vorrei essere
un’allegria fra tutte, una sola, l’allegria
di cui ti rallegri tu! Un amore, un amore solo:
l’amore di cui tu ti innamoreresti.
Però non sono più di quello che sono.
Pedro Salinas
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